• Nuovo studio conferma il legame tra biocombustibili da olio di palma e di soia e deforestazione

    Una porzione significativa dell’espansione di olio di palma e di soia è avvenuta a scapito di foreste pluviali, foreste, torbiere e savane (terre ad elevato stock di carbonio), afferma un nuovo studio che ha analizzato le più recenti evidenze scientifiche sull’argomento.

    Globalmente, il 31% dell’espansione delle piantagioni di palma da olio è avvenuta nelle foreste (1), mentre il 23% della produzione è avvenuto a scapito di torbiere (alcune delle quali si sovrappongono alle foreste). Lo studio inoltre stima che almeno il 7% dell’espansione globale della soia è stato causa diretta di deforestazione nel periodo 2012 -2015.

    In aggiunta a tale evidenza di deforestazione diretta, la maggioranza dei principali studi a scopo regolatorio che calcolano le emissioni da cambiamento indiretto dell’uso del suolo (ILUC, Indirect Land Use Change) mostra che l’olio di palma ha generalmente le più alte emissioni ILUC di ogni altra materia prima per produrre biodiesel, seguito dall’olio di soia. Il rapporto Globiom, ad esempio, elaborato su richiesta della Commissione Europea e pubblicato nel 2016, ha rivelato che l’impatto climatico dell’olio di palma è tre volte peggiore del diesel fossile che sostituisce, mentre il biodiesel da olio di soia è circa due volte peggiore.(2)

    Laura Buffet, manager carburanti puliti della Federazione Europea per il trasporto sostenibile Transport and Environment, ha dichiarato: “L’evidenza scientifica è chiara: la domanda extra di olio di palma e di soia per produrre biocombustibili sta distruggendo la foresta pluviale, la savana e prosciugando paludi e torbiere. Etichettare questi combustibili come ‘ad alto rischio ILUC’ è in linea con la scienza e metterebbe fine a ulteriore deforestazione riducendo le emissioni di gas serra ad essa associate”.

    La Direttiva Energie Rinnovabili, pubblicata lo scorso Dicembre, limita la crescita dei consumi di biocombustibili ad elevato rischio ILUC, come quelli derivanti da palma e soia. Il loro consumo non può crescere oltre il livello del 2019 e deve diminuire dal 2023 fino ad azzerarsi nel 2030.

    Mentre il principio dell’eliminazione totale dei biodiesel da olio di palma e di soia è contenuto nella nuova legge, la Commissione ha tempo fino al 1 Febbraio 2019 per pubblicare un atto delegato che stabilisca criteri scientificamente validi che diano seguito agli impegni presi dal Parlamento Europeo e dagli Stati Membri.

    La Commissione sta anche analizzando se e come alcune tipologie di olio di palma e di soia possano essere etichettate come “a basso rischio ILUC”, e dunque essere contabilizzate per il rispetto degli obiettivi climatici. Vengono valutate differenti opzioni, ma i criteri emersi ad oggi, evidenzia lo studio, (come l’incremento di resa agricola ed i terreni abbandonati non utilizzati per colture alimentari) non appaiono sufficientemente chiari e robusti per garantire che tali colture non inducano ulteriore deforestazione e cambio di destinazione d’uso del suolo.

    “Il biocombustibile a basso rischio ILUC è un concetto teorico e la sua implementazione sarebbe come cercare la quadratura del cerchio. Non vi sono criteri applicabili disponibili che assicurino che la domanda addizionale di biocombustibili non produca deforestazione indiretta. L’opzione basso-rischio ILUC rappresenta una porta aperta che permetterebbe all’olio di palma “falsamente sostenibile” di rientrare”, aggiunge Buffet.

    L’Europa usa più olio di palma nel biodiesel (51%) che nei cosmetici e nei biscotti messi insieme. Secondo un recente sondaggio IPSOS, 7 europei su 10 sono contrari a bruciare olio di palma nelle proprie auto. La campagna europea #NotInMyTank  chiede alla Commissione di eliminare l’uso di olio di palma e di soia nel biodiesel. Ad oggi ha raccolto quasi 600.000 firme.

    La nuova Direttiva Energie Rinnovabili cancella il target per i biocombustibili da colture alimentari dopo il 2020. Questo vuol dire che gli Stati Membri non sono più obbligati a sussidiare i biocarburanti da colture alimentari al fine di rispettare i target energetici rinnovabili al 2030. Gli Stati Membri sono liberi di rendere obbligatorio l’uso dei biocarburanti da colture alimentari dopo il 2020, ma la nuova legge ne stabilisce il tetto massimo ai livelli di consumo acquisiti nel 2020 e comunque non superiore al 7% del totale dell’energia consumata.

    Note per la stampa:

    1. Analizzando in dettaglio i principali paesi produttori, ‘l’ICCT ha scoperto recentemente “chiare evidenze che il 40-53% della espansione della palma da olio in Indonesia e Malesia è avvenuta su suoli ad alto contenuto di carbonio, comprese foreste, aree umide e arbustive.”

    2. Il valore medio delle emissioni ILUC nei cinque modelli ILUC utilizzati negli studi esaminati è 109 gCO2e/MJ per il diesel da olio di palma e 75 gCO2e/MJ per quello da soia.