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Chi inquina non paga: in Italia i trasporti aereo e marittimo godono di esenzioni fiscali per oltre 7 miliardi l’anno

29 ottobre 2025

Le agevolazioni fiscali ai settori hard to abate dei trasporti frenano la transizione T&E: “Servono correttivi: una ticket tax sui voli e una tassa sulle crociere possono generare risorse da reinvestire nella transizione, e sono una soluzione per compensare gli impatti dell’overtourism”

In Italia i settori del trasporto aereo e marittimo godono, da decenni, di un trattamento fiscale privilegiato che genera un “Tax Gap”, cioè un mancato gettito fiscale, superiore ai 7 miliardi all’anno. Ecco cosa emerge da un nuovo studio di Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione europea in materia di decarbonizzazione dei trasporti.

I settori hard to abate sono esentati dal pagare per le emissioni che generano, come invece fanno invece altri settori: nessuna tassazione sui carburanti utilizzati da aerei e navi, applicazione solo parziale del sistema ETS di prezzamento del carbonio e l’esenzione dall’IVA per i biglietti aerei, generano, per il bilancio pubblico italiano, un mancato gettito superiore a 7 miliardi di euro l’anno. Si tratta di risorse che dovrebbero essere riscosse per equità rispetto alla tassazione applicata ad altri settori, nonché in virtù del principio del “chi inquina paga”, e che potrebbero essere reinvestite per sostenere la produzione di carburanti puliti o per elettrificare i porti, così come per altre misure di mobilità pulita. Il recupero di questi 7 miliardi di euro potrebbe finanziare, ad esempio, l’assegnazione di un voucher di mobilità da 100€/mese per ognuno dei circa 5,7 milioni di cittadini che il recente rapporto ISTAT classifica come in povertà.

Aviazione, esenzioni fiscali per 5,2 miliardi. Lo studio evidenzia come il trasporto aereo, pur essendo uno dei comparti con la maggior intensità di carbonio, versi solo una frazione delle imposte dovute: nel 2024, appena mezzo miliardo di euro a fronte di oltre 5,2 miliardi di euro di esenzioni fiscali. Questo mancato gettito è la risultante delle esenzioni sui consumi di cherosene [1] (circa €2,3 miliardi), della mancata applicazione dell’IVA ai voli europei e intercontinentali (circa €2,2 miliardi) e dell’applicazione parziale dell’ETS (meccanismo di prezzamento del carbonio), che copre solo i voli intra-europei senza alcun prelievo per quelli più inquinanti a lungo raggio (che sono quasi la metà delle emissioni del settore), determinando un ulteriore mancato gettito di circa 800 milioni.

Il treno è tassato più dell’aereo. Secondo T&E questo regime di favore fiscale rappresenta una mancata opportunità per generare gettito utile a finanziare ed accelerare la transizione, nonché a renderla socialmente sostenibile. “Se ci dicessero che il treno, ossia il mezzo di trasporto più efficiente e meno inquinante, è tassato molto più dell’aereo, quello più emissivo a livello pro capite, stenteremmo a crederci. E invece è così!" dichiara Carlo Tritto, Sustainable Fuels Manager di T&E Italia, che continua: “Da decenni, la fiscalità premia i settori più inquinanti, mantenendo esenzioni per il consumo di carburanti fossili e fallendo nell’orientare industrie e consumatori verso scelte di mobilità sostenibili. Correggere queste distorsioni è necessario, giusto dal punto di vista climatico e anche utile per lo Stato, che può recuperare importanti risorse finanziarie da impiegare per la decarbonizzazione dei trasporti o per contenere il debito pubblico, ridistribuire secondo criteri di equità sociale, garantire servizi sociali”.

Proposta T&E: tassazione progressiva sui biglietti aerei.T&E propone una tassa nazionale sui biglietti aerei la cui applicazione sarebbe progressiva nel tempo, modulata in base alla distanza e alla classe del volo e capace di recuperare - nel 2029, quando pienamente attuata - l’intero divario fiscale. Per i primi anni, sui più brevi voli nazionali, si avrebbe una addizionale di circa 8,5€ (16€ per quelli intra UE e a medio raggio, 65€ per le tratte intercontinentali più lunghe).

Ticket tax già sperimentata in Ue. Non si tratterebbe di una novità nel settore: molti tra i principali Stati europei (Regno Unito, Germania, Francia, Olanda), caratterizzati da importanti hub aeroportuali, adottano questa misura a livello nazionale per recuperare significative risorse finanziarie. Una recente ricerca di T&E dimostra come questi prelievi non abbiano effetti deprimenti della mobilità aerea [2]. Per T&E, gli introiti di una ticket tax andrebbero reinvestiti parzialmente nella produzione di carburanti sintetici per l’aviazione (e-SAF) e nella ricerca e nello sviluppo di infrastrutture per la decarbonizzazione del settore.

ETS nel marittimo: versato solo il 12% di quanto dovuto. Per quanto riguarda il trasporto marittimo, lo studio evidenzia una situazione altrettanto squilibrata da un punto di vista fiscale: nel 2024 le compagnie hanno versato circa 300 milioni di euro legati alle quote ETS, appena il 12% di quanto dovuto in un regime di piena tassazione. Anche qui, la maggior voce di sussidio indiretto al settore sta nell’esenzione dal pagamento dell’accisa sui carburanti marittimi, che vale circa 2 miliardi di euro l’anno, a cui si aggiunge l’applicazione parziale (ancora fino al 2026) dell’ETS.

Per le navi da crociera prelievi bassi. T&E suggerisce di introdurre un contributo specifico sul comparto crocieristico, che oggi è caratterizzato da emissioni di gas serra (in media 20.000 tCO2 per ogni nave) e inquinanti locali elevatissime, nonché da consumi energetici molto più alti rispetto ad altri tipi di navi. Le crociere godono inoltre di livelli di prelievo fiscale tra i più bassi, benché siano uno dei comparti di maggiore profitto nel settore marittimo.

Proposta T&E: tassa di sbarco e tariffa per le notti a bordo. In modo analogo al settore aereo, per T&E si dovrebbe introdurre una tassa locale di sbarco per ogni porto visitato e una tariffa nazionale per ogni notte a bordo (esentando le crociere più brevi); l’effetto combinato di queste misure permetterebbe di generare un gettito annuo di circa 470 milioni di euro. T&E ritiene che tali risorse andrebbero indirizzate soprattutto all’elettrificazione dei porti, all’uso di combustibili sintetici e al rinnovo della flotta con navi più efficienti e meno inquinanti.

Tritto: “Correggere le distorsioni fiscali”. “Ogni anno l’Italia perde miliardi di euro in esenzioni che premiano chi inquina di più e distorcono il mercato della mobilità. Il tutto a fronte di un debito pubblico tra i più alti al mondo, che grava enormemente sui cittadini” dice Tritto, che conclude: “Correggere queste distorsioni significa ridurre la dipendenza da petrolio importato, stimolare investimenti industriali nazionali e allineare la fiscalità ai principi europei di neutralità climatica. È una scelta di equità, non di ideologia. Introdurre le misure che proponiamo vorrebbe permetterebbe inoltre di recuperare gettito dall’overtourism, facendo sì che i flussi turistici verso il nostro Paese diventino una risorsa davvero collettiva”.

FINE

[1] La più consistente tra le voci che contribuiscono al tax gap è legata all’esenzione dalle accise sul carburante. Se si applicasse al carburante aereo la stessa aliquota di 0,38 €/litro che caratterizza l’autotrasporto stradale (o comunque un’aliquota pari alla tassazione proposta dalla Commissione Europea nell’ambito della revisione della Direttiva europea sulla tassazione dell’energia), il gettito generato sarebbe pari a circa €2,3 miliardi. Il trasporto aereo è il mezzo con la maggiore intensità carbonica per passeggero/chilometro: le attuali esenzioni appaiono improprie, ancor più nel confronto con la mobilità ferroviaria, dove l’energia è invece tassata. La revisione della ETD (Energy Taxation Directive, che regola questa materia a livello dell’Unione) è in discussione dal 2021, ma gli Stati membri non riescono a trovare un accordo: l’ultima proposta di compromesso presentata dalla Presidenza danese prevede di mantenere l’esenzione fino al 2035, quando si riaprirebbe il dossier per valutare nuovamente se tassare i carburanti

[2] Il dibattito sull’impatto economico di una tassa sui biglietti aerei viene spesso distorto dalle compagnie, che sostengono che un incremento dei costi ridurrebbe la domanda di voli. Un nuovo studio di T&E dimostra che tale correlazione è pressoché inesistente. L’analisi, condotta su 101 aeroporti europei, mostra che i costi aeroportuali e fiscali non determinano una diminuzione del traffico passeggeri: al contrario, gli aeroporti con costi più elevati registrano spesso un volume di traffico superiore, come nel caso di Heathrow, che pur avendo le tariffe più alte d’Europa è anche quello con il maggior numero di passeggeri. Lo studio evidenzia inoltre che, negli ultimi vent’anni, l’aumento dei prezzi del carburante o delle tasse non ha frenato la crescita del traffico aereo. In Germania, ad esempio, tra il 2000 e il 2019 il prezzo del carburante per jet è raddoppiato, ma il numero di passeggeri è aumentato del 75%. La domanda di voli dipende molto più da fattori strutturali come le strategie delle compagnie aeree, la disponibilità di collegamenti e le tendenze del turismo che non dai costi fiscali.

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