La fiscalità applicata all’auto è una delle leve regolatorie più efficaci, e di facile applicazione, per orientare i consumatori e promuovere la decarbonizzazione dei trasporti su strada. La tassazione dell’auto in Italia - come risulta da un’analisi comparativa di T&E - si differenzia dalla maggior parte degli altri Paesi europei per essere sostanzialmente slegata dal parametro emissivo, che risulta essere assente, come criterio regolatorio, in tutte le imposte del settore.
Il risultato è una fiscalità inadeguata nel promuovere l'adozione di veicoli elettrici (BEV) e, più in generale, la decarbonizzazione della mobilità su strada. Le attuali politiche fiscali, pur prevedendo alcune agevolazioni per i BEV (come l'esenzione dal pagamento del bollo auto per i primi 5 anni di possesso del mezzo) non si dimostrano efficaci nell’incentivare le tecnologie più efficienti. Al contrario, esse rappresentano uno dei fattori che più concorrono alle basse percentuali di vendita di veicoli elettrici in Italia, sia nel canale aziendale che privato.
La fiscalità dell’auto, in Italia, deve essere riformata per promuovere la penetrazione delle tecnologie meno emissive.
Rimodulare la “tassa di immatricolazione” in base alle emissioni di CO2 e al costo del veicolo, per garantire una fiscalità più sostenibile ed equa.
Aggiornare la tassazione delle auto aziendali, adottando le emissioni di CO2 come parametro regolatorio, per favorire - attraverso la tassazione dei benefit-in-kind, la detraibilità dell’IVA e la deducibilità del costo del veicolo - l’adozione di tecnologie zero emission, penalizzando quelle più inquinanti;
Eliminare esenzioni o riduzioni dal pagamento del bollo per veicoli storici inquinanti.
Un’applicazione progressiva di queste politiche, che preveda un gap fiscale significativo parametrato alle emissioni, con maggiori vantaggi fiscali per i veicoli elettrici (comunque limitati nel tempo), favorirebbe la transizione verso un parco auto più sostenibile, evitando distorsioni di mercato.
La recente analisi comparativa di T&E sul trattamento fiscale dell’auto in 31 Stati europei rileva che l’Italia è parte di un’esigua minoranza di Paesi (insieme alle sole Bulgaria e Slovacchia) in cui la tassazione è scollegata dalle emissioni di CO2, risultando inadeguata a favorire l’adozione di veicoli meno emissivi, ed elettrici (BEV) in particolare.
Inoltre, gli incentivi auto previsti dal Governo negli ultimi anni e terminati nel 2024 - caratterizzati da marcate discontinuità - pur offrendo un vantaggio economico alla mobilità a zero emissioni rispetto a quella inquinante (non sempre economicamente apprezzabile) - hanno continuato a finanziare anche veicoli obsoleti e dannosi per il clima, rappresentando una pratica tanto rara quanto negativa a livello europeo.
Non è quindi un caso se, nel nostro Paese, per entrambi i canali (aziendale e privato), le percentuali in termini di vendita di BEV sono tra le più basse in Europa. Nel primo trimestre del 2025, la quota di mercato delle BEV ha raggiunto il 5,2%, segnando un netto miglioramento rispetto al 2,9% dello stesso periodo del 2024. In particolare, nel canale aziendale le immatricolazioni di BEV sono aumentate al 6,4%, mentre nel segmento privato la percentuale è salita al 4,1%. Questi incrementi sono significativi rispetto al 2024, quando le quote erano rispettivamente del 4,7% per il canale aziendale e del 3,8% per quello privato. Non solo: nei primi tre mesi del 2025, per la prima volta dal 2021, le immatricolazioni di BEV nel canale aziendale sono risalite, superando di oltre il 50% quelle del mercato privato.
Parte di questo incremento può essere - con tutta probabilità - attribuita alla nuova tassazione sulle auto aziendali fornite ai dipendenti (cfr. paragrafo 1.3). Ciò evidenzia come orientare la fiscalità per favorire le tecnologie più pulite rappresenta uno strumento efficace per accelerare la transizione.
Tuttavia, l'Italia rimane ancora nelle posizioni di coda a livello europeo riguardo alla penetrazione delle zero emission nel canale aziendali. Un problema significativo, questo, dato che le auto immatricolate da aziende rappresentano il 41% delle nuove immatricolazioni, nonché il 58% delle emissioni di CO2. Le auto aziendali, infatti, percorrono mediamente il doppio dei chilometri annui rispetto a quelle guidate da privati cittadini; e le aziende immatricolano tre volte più grandi SUV endotermici e ibridi rispetto ai privati (Dataforce 2025). Proprio per sfruttare il loro potenziale nella transizione, la Commissione europea sta preparando una proposta legislativa per decarbonizzare le flotte aziendali, che presenterà entro il 2025.
In questo briefing vengono descritte le principali leve fiscali sull'auto in Italia, con alcune raccomandazioni su come revisionarle in ottica di transizione. Si precisa che, mentre per la tassa di immatricolazione e il bollo l’analisi considera entrambi i canali di mercato, le altre leve fiscali sono, per loro natura, applicabili esclusivamente a quello aziendale.
I costi di immatricolazione di un’auto, in Italia, si compongono di più oneri amministrativi, ai quali si aggiunge un’imposta (Imposta Provinciale di Trascrizione, IPT) che l’ACI incassa per conto delle province, parametrata esclusivamente alla potenza del veicolo espressa in kW. Alcune province offrono agevolazioni per i veicoli elettrici, ma sarebbe più efficace se tali incentivi fiscali venissero regolamentati a livello nazionale, come per il bollo (cfr. 1.2). Questo garantirebbe una normativa chiara e uniforme per i consumatori, eliminando disparità tra le varie regioni e offrendo maggiore certezza nelle decisioni di acquisto.
L'assenza di criteri basati sulla classe emissiva o sul tipo di propulsione rende l'imposta sostanzialmente “piatta”. Di fatto, prendendo a riferimento una piccola utilitaria come la Peugeot 208, la differenza in termini di costi di immatricolazione tra la versione a benzina e quella elettrica è minima, non orientando la scelta verso un veicolo più ecologico. Al contrario, una tassa di immatricolazione calibrata sulle emissioni di CO2 potrebbe orientare i consumatori verso tecnologie migliori, rispettando il principio del "chi inquina paga". Inoltre, prevedere l’introduzione di un parametro legato anche al costo del veicolo, una pratica comune nei Paesi esaminati, renderebbe la tassazione più equa da un punto di vista sociale.
Danimarca: impone il carico fiscale più elevato sui veicoli inquinanti in Europa. La tassa di immatricolazione si basa sulle emissioni del veicolo ed è calcolata come una percentuale del suo costo, risultando particolarmente alta per le auto tradizionali.
Irlanda: la tassa di immatricolazione è calcolata come una percentuale del prezzo del veicolo e si basa sulle emissioni di CO₂ e NOₓ. Poiché è legata al prezzo, la tassa incide maggiormente sui veicoli più costosi, penalizzando quindi quelli più cari e ad alte emissioni.
Malta: calcola la tassa di immatricolazione in base alle emissioni e alla lunghezza del veicolo, con imposte elevate per le auto grandi e inquinanti, creando anche un forte differenziale fiscale tra i modelli elettrici e quelli a benzina.
Il sistema fiscale italiano prevede anche una tassa di possesso, il cosiddetto “bollo”, che è riscossa a livello regionale e si basa sulla potenza del motore (espressa in kW) e sulla classe ambientale (Euro 1, 2, 3, ecc.). Esiste anche il Superbollo, che viene riscosso su vetture con potenza di motore molto elevata (>185 kW), coinvolgendo quindi un numero molto ridotto di veicoli. A livello nazionale, per i veicoli elettrici, sia privati che aziendali, è prevista un’esenzione totale dal bollo auto per i primi 5 anni dalla prima immatricolazione. Inoltre, il bollo per le auto a benzina, nel nostro caso la Peugeot 208, è abbastanza elevato rispetto a quello di altri Paesi.
Rimangono alcune eccezioni dannose per l’ambiente, come le esenzioni o riduzioni del bollo per veicoli storici inquinanti, nonché l’applicazione di altre esenzioni (variabili da regione a regione) per motorizzazioni ibride, a gpl o a metano o bifuel. Nel complesso la tassazione sulla proprietà, ancorché perfettibile, emerge come una delle poche tasse che garantisce un differenziale fiscale chiaro in favore delle tecnologie più pulite.
Paesi Bassi: la tassa si basa sul peso del veicolo e sul tipo di motorizzazione, con tariffe più elevate per i veicoli pesanti e inquinanti, inclusi i grandi modelli elettrici. Gli incentivi per i veicoli elettrici vengono progressivamente eliminati man mano che il mercato si consolida.
Austria: la tassa è calcolata in base alla potenza del motore (kW) e alle emissioni del veicolo, con la soglia delle emissioni che viene abbassata ogni anno per penalizzare sempre di più i veicoli inquinanti.
Francia: la tassa di possesso si applica solo ai veicoli aziendali ed è basata sulle emissioni di CO2, con un supplemento aggiuntivo sulle emissioni di inquinanti atmosferici. Le soglie di emissione vengono abbassate progressivamente ogni anno, con modifiche annunciate in anticipo.
In Italia, le auto aziendali ad uso promiscuo (utilizzate sia a fini lavorativi che personali) sono tassate su una base imponibile calcolata moltiplicando un costo per chilometro, fornito dall'Automobile Club d'Italia, per 15.000 km annui di presunta percorrenza del veicolo. Dal 1° gennaio 2025, l'aliquota varia in base all'alimentazione: 10% per le elettriche, 20% per le ibride plug-in e 50% per le altre auto. In precedenza, le percentuali erano basate sulle emissioni di CO2, ma con differenziali fiscali minimi tra veicoli puliti e inquinanti (solo il 5% tra una zero emissioni e un veicolo con classe emissiva fino a 159 g CO2/km).
I criteri attuali, pur con alcune criticità (paradossalmente le auto con emissioni superiori a 190 g CO2/km ora beneficiano di uno sconto del 10% sulla tassa rispetto alla normativa precedente), rappresentano un passo nella giusta direzione. Ma per favorire la transizione l’Italia dovrebbe puntare su una tassazione regolata sulle emissioni di CO2, che garantirebbe maggiore progressività ed equità. Inoltre, sarebbe necessario ridurre nel tempo - sino a eliminarlo - lo sconto fiscale del 50% ancora garantito alle auto endotermiche.
Regno Unito: la tassazione delle auto concesse in uso ai dipendenti si basa sulle emissioni di CO₂ del veicolo e aumenta progressivamente con ogni grammo aggiuntivo di CO₂/km, penalizzando così tutti i veicoli con motore a combustione, soprattutto quelli più inquinanti.
Slovenia: applica un sistema fiscale relativamente uniforme, ma con aliquote elevate calcolate sul valore del veicolo, creando un disincentivo per i modelli più costosi, tipicamente associati a motori più grandi e a emissioni più elevate. È prevista una riduzione dell’imposta se il veicolo non supera una soglia annuale di chilometraggio specificata. I veicoli elettrici sono attualmente esenti, ma tale esenzione sarà progressivamente ridotta nei prossimi anni.
Nel nostro Paese, l’aliquota ordinaria dell’imposta sul valore aggiunto (22%) è detraibile al 100% per i veicoli aziendali a uso strumentale e al 40% per quelli a uso promiscuo, a prescindere dal tipo di alimentazione. L’Italia non è un caso isolato: a partire dalla Germania in poi, nel grafico che segue, nessun Paese (fatta eccezione per i primi quattro) prevede una distinzione nel recupero dell’IVA. La differenza che si osserva è dovuta esclusivamente al prezzo del veicolo, generalmente più elevato per quelli a batteria.
Poiché la detraibilità dell'IVA offre un vantaggio fiscale significativo per le imprese che registrano l'auto come spesa aziendale, legare questo vantaggio fiscale alle classi emissive dei veicoli potrebbe accelerare l'elettrificazione delle flotte aziendali. Inoltre, la Commissione europea ha recentemente annunciato che valuterà una rimozione progressiva della deduzione IVA per i veicoli convenzionali.
Portogallo, Lituania, Slovenia e Austria: questi quattro Paesi applicano percentuali di recupero dell’IVA differenziate a seconda del tipo di motorizzazione e fissano un prezzo massimo del veicolo ammissibile ai fini della detraibilità.
Lo stesso discorso vale per l'ammortamento del costo del veicolo, anch’esso normato in maniera indipendente dal tipo di alimentazione. Attualmente, in Italia, un’impresa può dedurre il 100% del costo del veicolo utilizzato a fini strumentali, il 70% per le auto concesse ai dipendenti in fringe benefit e il 20% per le auto aziendali in pool (intestate alla società ma non strettamente utilizzate per scopi aziendali); per gli agenti di commercio la percentuale è dell’'80%. Inoltre, esiste un tetto al prezzo massimo per l'uso non strumentale di € 18.076 per le auto acquistate, € 3.615 per le auto in leasing e limiti variabili a seconda dello stato del dipendente e del settore commerciale. Questi tetti di deducibilità, oltre ad essere ormai poco rappresentativi del costo medio delle auto, penalizzano le auto elettriche, che hanno un prezzo medio più elevato rispetto a quelle tradizionali.
La possibilità di ammortizzare il costo del veicolo rappresenta indubbiamente un importante vantaggio fiscale per le imprese. Per accelerare la transizione delle flotte aziendali, l'Italia dovrebbe prevedere una maggiore deducibilità del costo per le auto a emissioni zero, riducendo, al contempo, il vantaggio fiscale per quelle endotermiche.
Belgio: nel 2021, il governo belga ha annunciato una riforma delle auto aziendali che, a partire dal 2026, consentirà l’ammortamento solo per i veicoli a emissioni zero. Per i veicoli con motore a combustione immatricolati tra il 1° luglio 2023 e il 31 dicembre 2025, questa politica sarà introdotta gradualmente, con il 75% del costo del veicolo ancora deducibile nel 2025, il 50% nel 2026, il 25% nel 2027, lo 0% dal 2028 in poi. Questa misura ha spinto la quota di auto aziendali elettriche al 41,1% nel 2024, rispetto all’8,8% nel 2021, rendendo il Belgio uno dei mercati di EV in più rapida crescita in Europa.
Nonostante quella fiscale sia una leva capace di orientare il comportamento sociale e le scelte dei consumatori, rimane sottoutilizzata, mentre la necessità di ridurre le emissioni climalteranti diventa sempre più urgente. L’aggiornamento della fiscalità dell’auto in chiave “green” può contribuire alla riduzione del divario Italia/UE rispetto alla diffusione della mobilità elettrica.
T&E propone pertanto le seguenti raccomandazioni principali per riformare la fiscalità delle auto in Italia basandola su parametri emissivi, attraverso l’applicazione di un differenziale fiscale significativo che penalizzi i veicoli inquinanti rispetto a quelli a basso impatto ambientale, in particolare i modelli a zero emissioni. Proprio perché si tratta di una transizione, queste raccomandazioni dovrebbero essere implementate gradualmente, attraverso un processo che privilegi le tecnologie meno emissive a scapito di quelle più inquinanti, con applicazione solo sul nuovo immatricolato. Per evitare distorsioni del mercato, i vantaggi fiscali per le auto elettriche dovrebbero inoltre essere limitati nel tempo, per poi essere progressivamente ridotti ed eliminati una volta che questa tecnologia sarà divenuta il nuovo standard in termini di motorizzazione.
Tassa di immatricolazione: rimodulare la tassa di acquisto in funzione delle emissioni di CO2 e del costo del veicolo per una tassazione più sostenibile e più equa dal punto di vista sociale.
Auto aziendali come benefit-in-kind: rimodulare la tassazione delle auto concesse in fringe benefit ai dipendenti sulla base delle emissioni di CO2, privilegiando le tecnologie zero emissioni.
Recupero dell’IVA: rimodulare la detraibilità dell’IVA sulle classi emissive dei veicoli, privilegiando le tecnologie zero emissioni.
Ammortamento del costo del veicolo: prevedere una maggiore deducibilità del costo per le auto aziendali a emissioni zero, riducendo, al contempo, il vantaggio fiscale per quelle endotermiche; rivedere il tetto alla deducibilità del costo veicolo per le auto aziendali elettriche.
Bollo auto: eliminare le esenzioni o riduzioni dal pagamento del bollo per i veicoli storici inquinanti.
Dashboard interattiva: quali paesi hanno i sistemi fiscali più verdi?
Pubblicazione annuale che analizza e confronta i sistemi di tassazione automobilistica in 31 paesi europei.
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Il dato emerge da uno studio commissionato dal think tank ECCO e da Transport and Environment (T&E).