• DL Milleproroghe: L’auto cambia, le lobby fossili no

    Votato con la fiducia alla Camera, dove era in prima lettura, nel testo sono stati presentati e votati emendamenti per posticipare l’entrata in vigore del phase-out dell’olio di palma, già previsto per il 2023.

    Roma, 21 Febbraio 2022 – In Parlamento le lobby petrolifere alleate con quelle delle coltivazioni di olio di palma e di soia, si sono prodigate al fianco dei deputati impegnati nella discussione del Decreto Legge “mille proroghe”, appuntamento legislativo annuale che serve per conservare mille privilegi a scapito dell’interesse nazionale. 

    L’esito, sul fronte biocarburanti, è che si potrà ancora continuare a bruciare alimenti (olio di palma e di soia) nei motori diesel, nonostante questi siano coltivati bruciando e distruggendo foreste vergini in Indonesia e in Amazzonia. Contemporaneamente la parte conservatrice dell’industria dell’auto invita il Governo ad elargire ancora bonus all’acquisto di grosse nuove auto diesel e benzina, unici in tutta Europa. In entrambi i casi gli emendamenti e gli ordini del giorno sono state presentati da singoli parlamentari di più partiti di governo (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Italia Viva, PD). 

    L’industria auto sta cambiando più velocemente della politica: quasi tutte le grandi case (Renault, Stellantis, Volgswagen, BMW, Volvo, ecc) hanno dichiarato il parziale o totale abbandono nella produzione di auto a combustione per l’Europa dopo il 2030 e, persino in Italia, non chiedono più incentivi per diesel e benzina. 

    Ma che cosa è successo esattamente? Dopo 2 anni di discussione pubblica e di martellante campagna contro l’uso dell’olio di palma (che ha raccolto 70 mila firme!), il recepimento nazionale della Direttiva Europea sulle Energie Rinnovabili (legge 199 dell’8 novembre 2021) dichiarava finalmente la fine del regime incentivante per l’olio di palma dal 1 gennaio 2023, allineando l’Italia agli altri grandi paesi europei come la Francia e la Germania. 

    L’olio di palma, e in misura minore l’olio di soia (quest’ultimo ancora parte del regime incentivante), sono utilizzati sia nel gasolio per alimentare i motori diesel sia nella produzione di elettricità verde nei grandi impianti a biomasse (sino ad un milione di tonnellate all’anno). Anche l’Autorità per la Concorrenza (AGCM), su denuncia di Legambiente e Transport&Environment, aveva condannato Eni a pagare 5 milioni di multa per “Greenwashing” nel gennaio 2020 a causa della sua pubblicità ingannevole del prodotto “Enidiesel+” all’olio di palma che faceva “bene al motore e all’ambiente”. Condanna poi confermata dal TAR del Lazio nel novembre 2021, secondo il quale sia il gasolio che i motori diesel non possono essere considerati “green”.

    Nonostante ciò, i deputati in Commissione hanno approvato identici emendamenti presentati dagli onorevoli Lucchini (Lega), Foti (FdI), Squeri (FI), di quelli difficilmente decodificabili:

     “… dopo la parola: «2023» sono inserite le seguenti: «, e comunque non prima di un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento delegato di cui all’articolo 30, paragrafo 8, della direttiva (UE) 2018/2001»”

    Per comprenderlo, si deve sapere che il Regolamento Delegato europeo può considerare rinnovabile (e quindi incentivabile) l’olio di palma prodotto in specifici tipi di terreni o da piccoli produttori, in Malesia ad esempio, che viene certificato come tale da specifiche “norme di attuazione”. Si deve sapere che la certificazione internazionale in questione non è ancora stata definita e testata e, soprattutto, che le “norme di attuazione” europee non sono state ancora emanate dalla Commissione. Quindi, grazie all’introduzione di questa clausola, i distruttori di foreste conquistano da qualche mese ad un anno in più di lucroso commercio di olio di palma in Italia ( il cui valore stimato è di 1 milione di euro di falso carburante rinnovabile).

    Carlo Tritto, Policy Officer di Transport & Environment Italia ha commentato: “I biocarburanti di prima generazione sono una cura peggio della malattia. Costano ed emettono fino a tre volte di più del diesel fossile che sostituiscono e dunque rappresentano una falsa soluzione di decarbonizazzione. In tutta Europa si sta cercando di abbondare il loro utilizzo e l’Italia, in netta opposizione, ha appena fatto un grande passo indietro. Le risorse pubbliche non dovrebbero finanziare l’uso di biocarburanti insostenbili ma piuttosto essere messe su quelle soluzioni realmente pulite e scalabili, come ad esempio i crediti per l’elettricità rinnovabile immessa nel settore dei trasporti.”

    Inoltre, in aggiunta al “milleproroghe” sono stati approvati gli ordini del giorno (Lega, Forza Italia e PD) che invitano il governo a reiterare i bonus auto nuove, con emissioni sino a 135 grammi di CO2 al km. Si tenga presente che a livello Europeo, le case auto vengono multate (in miliardi di euro) se la media delle emissioni delle auto vendute superano i 95 grammi di CO2/km. In questo modo il ministro Giancarlo Giorgetti, delegato dal Governo a definire le politiche industriali nel settore automotive, cercherà di reintrodurre i bonus per le auto diesel, condannando l’Italia ad avere il parco auto più inquinante d’Europa per almeno altri dieci anni.

    Andrea Poggio, Responsabile mobilità sostenibile di Legambiente ha commentato: “Il Premier Mario Draghi ha ben ragione ad arrabbiarsi per la scarsa tenuta della maggioranza di governo, ma noi siamo ancora più arrabbiati di lui: per colpa di parlamentari allo sbando e di ministri doppiogiochisti, l’Italia a parole vuole la decarbonizzazione, nei fatti incentiva auto diesel alimentate con la distruzione delle foreste tropicali.